Teo l’ho conosciuto che aveva una birra in mano e poco più di venti anni.
Anche io avevo poco più di vent’anni, ma in quel momento non una birra.
Poi me ne ha offerta una, poi un’altra e poi non abbiamo più smesso.
Oggi la famiglia di “quelli della musica” perde una delle sue punte di diamante.
Il “centro” di un sacco di storie. Un connettore di persone.
Uno che “faceva succedere le cose”. E Teo di cose ne ha sempre fatte succedere davvero un casino.
Una volta mi ha pure fatto giocare a pallone contro gli Arctic Monkeys, ma oggi riesco solo a pensare a quando andare a Milano significava andare a dormire a casa sua. E andare a dormire a casa sua in realtà significava passare le nottate a schivare gli attacchi del mitico gatto Lemmy, dopo magari avere fatto tardi a forza di sparare cazzate e ascoltare dischi dei Bongzilla.
Teo ha spiegato a me e a un sacco di altra gente il significato della parola “gaina” - scritto però “gayna” - ben prima che Filippo Champagne lo rendesse un tormentone per decerebrati. Si è sempre mostrato disponibile, gentile, preso bene e accogliente. Era bello fare progetti con lui e anche sapere che nonostante tutto prima o poi saremmo inciampati di nuovo l’uno con l'altro.
È stato una costante nel mio lavoro e anche nella mia vita.
Al punto che anche quando non ci si vedeva e sentiva per mesi bastava battere un colpo e tutto tornava come prima. “Bella Colas!”, “Ciao Teone!” e poi giù via a progettare cose fino alla volta dopo.
Un mese fa, al concerto di Any Other che aveva organizzato insieme agli altri soci di Volume, credo di avergli detto una cosa del tipo: “Quando ti vedo sto sempre bene”.
Non era del tutto vero, ma non era neanche falso.
Ciao Teo, e grazie per tutti questi anni.
Ci si vede nello spazio.
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