L’hip hop compie 50anni e io vi regalo una lista di dieci dischi “alternativi” che probabilmente non troverete da nessuna altra parte anche se è chiaro che poi alcuni sì e quindi gnè gnè
Quello che dice il titolo (numero speciale dì ferragosto)
E niente, ci sono talmente tante cose di cui vorrei scrivere nella newsletter, che alla fine ho deciso di non scriverne neanche una e regalarvi un numero speciale pieno di cose da ascoltare e diverso da quello che trovate di solito da questi pizzi.
Come forse avrete già sentito dire da qualcun altro, l’hip hop ha appena compiuto 50 anni, cioè quel traguardo tanto ambito che tocca un genere musicale quando finisce di fare il suo giro, smette di essere un fenomeno prettamente giovanile, abbandona qualsiasi velleità sottoculturale e diventa materiale per un articolo di un quotidiano dove viene dichiarata la morte del suddetto genere musicale e nel mentre ne si celebra l’epopea (di solito lo firma Gino Castaldo).
Nei giorni scorsi sono uscite tante liste dedicate alle pietre miliari - solo per stare in Italia, segnalo almeno le due di Damir e il numero speciale dì Rolling Stone dove tanti alfieri vecchi e nuovi dell’hip hop italiano segnalano i loro dischi preferiti (e Tony Effe, onesto, sceglie “Rosso Relativo” di Tiziano Ferro) - al punto che mi è venuta voglia di farne una io ma dedicata a dieci dischi di hip hop laterale, strano, poco convenzionale, quasi prettamente underground e alternativo. Ovviamente non priva di classiconi che però non sono “quei classiconi”.
Insomma, qui non troverete i dieci intoccabili del genere, ma dieci dischi strambi che forse vi colpiranno di più proprio se l’hip hop non è il vostro pane.
(La verità è che sono in vacanza, mi sono messo ad ascoltare certa roba che mi piace da sempre e mi è venuta voglia di fare ‘sta cosa perché ogni tanto mi manca non potere dire più “sono un giornalista musicale” quando mi chiedono che lavoro faccio).
Ah, in realtà i dischi sono undici perché sono il solito stronzo.
Cominciamo?
Dj Shadow - Endtrouducing…..
Ok scontato, anzi scontatissimo, come la litigata che Luciano Spalletti si farà con la federazione alla prima convocazione della nuova nazionale, come un’espulsione di Pozzecco ai prossimi mondiali di basket, come qualsiasi stroncatura di Barbie scritta da un maschio sopra i quarant’anni. Ma “Endtrouducing…..” è un disco stratosferico, e non solo - ma sicuramente anche - perché ha cinque puntini di sospensione nel titolo. Quello di Dj shadow è il disco hop hop perfetto anche e soprattutto per la totale assenza di rap. È un tributo alla cultura nella sua quintessenza più musicale con il campionamento elevato a forma d’arte assoluta. Un album che può essere contemporaneamente al primo posto di una lista del genere ma pure nei primi 5 di una dedicata al trip hop. Nel 1996, Shadow è un ventiquattrenne di San Josè che dopo anni di militanza underground arriva a pubblicare il suo primo vero disco, da subito destinato a essere croce e delizia di tutta la sua carriera ventura. Perché “Endtrouducing…..” è una dichiarazione d’amore alla musica talmente pura e completa da risultare irraggiungibile. Come l’infinito.
J Dilla - Donuts
È difficile parlare di “Donuts”, forse uno degli album su cui si è scritto e speculato di più nella storia della musica.
Si sa praticamente tutto, a partire dalle condizioni particolari in cui 29 delle 31 tracce presenti nella tracklist finale sono state composte. J Dilla stava lavorando al disco quando nel 2005 viene ricoverato in ospedale a causa di una malattia rarissima di quelle che di solito sentivi solo durante le puntate di Dr House.
Composto prevalentemente in una stanza del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles con un giradischi a 45 giri e un campionatore della Boss, ”Donuts” è nato dalla disillusione nei confronti dell’industria musicale e dalla voglia di fottersene delle regole e agire in completa libertà. Come “Endtrouducing…..” è un album strumentale e interamente basato sul campionamento. Ma lì dove Shadow tende a essere barocco, Dilla è crudo, secco, minimale eppure morbidissimo. L’album sarebbe dovuto uscire nel corso del 2005, ma la Stones Throw decide di rimandarlo molteplici volte temendo l’inevitabile insuccesso. Per una serie di sfortunati eventi “Donuts” finisce per essere pubblicato ufficialmente il 7 febbraio del 2006 nel giorno del trentaduesimo compleanno di Dilla, che purtroppo passerà a miglior vita giusto tre giorni dopo facendo diventare l’album un vero e proprio testamento artistico destinato a cambiare, anche solo per un pizzico, la storia dell’hip hop.
cLOUDDEAD - Ten
Ai tempi della sua uscita - il 2004 - “Ten” spaccò letteralmente in due la critica musicale. Da una parte chi gridava al miracolo, celebrando la nascita di un nuovo genere astratto che utilizzava l’hip hop come linguaggio ma ne alterava i confini grazie al piglio post-moderno e post psichedelico, e dall’altra i puristi (o gli scettici) che ne criticavano la matrice essenzialmente bianca, universitaria e con le radici poggiate nell’indie rock. Io all’epoca avevo 25 anni scarsi, ero iscritto al DAMS e mi piacevano i Pavement (e i Beastie Boys), insomma capite da soli da che parte potevo stare. Col senno di poi di tutto quel movimento che gravitava intorno alla Anticon è rimasto davvero poco, ma effettivamente dischi come “Ten” sono stati, forse accidentalmente, fondamentali nella direzione che l’hip hop - anche quello più mainstream - ha preso in questi ultimi anni (basta ascoltare un singolo come Dead Dogs Two e l’impatto su tutto quello che è accaduto dopo è evidente). Resta il fatto che “Ten” è un vero capolavoro che a quasi vent’anni dalla sua uscita non ha perso per niente smalto. Uscito quando il trio composto da Why?, Odd Nosdam e Doseone si era già ufficialmente sciolto, ha il compito di essere sia il primo vero album dei cLOUDDEAD (il primo è più una compilation di tracce realizzate dai singoli componenti e messe insieme sotto forma di disco) che il capitolo finale, la via di fuga verso una miriade di lavori solisti e progetti paralleli. Se uscisse adesso nessuno lo considerebbe sperimentale e alternativo, sarebbe un disco hip hop strano e pieno di influenze come tanti dischi hip hop degli ultimi quindici anni.
Madvillain - Madvillainy
Ok, mi schiero, questo forse è il mio disco preferito tra tutti quelli presenti in questa lista. Un vero e proprio album da isola deserta.
Due fuoriclasse, Madlib e Mf Doom, si mettono insieme e formano il duo di supercattivi più pericolosi della storia. Come Jordan e Pippen sono due assoluti fuoriclasse nelle loro rispettive discipline: Madlib nella produzione della basi e nel trattare i campionamenti, Doom è semplicemente uno dei migliori MC di sempre (purtroppo non più vivente), l’oscuro signore dell’underground.
Gran parte delle strumentali dell’album vengono create da Madlib durante un viaggio in Brasile con lo stesso identico setup che poi J Dilla userà per fare “Donuts”: un giradischi portatile e una SP 303 della Boss. “Madvillainy” è un disco crudissimo, hip hop underground nella sua matrice più chiara e al tempo stesso visionaria e protesa verso il futuro. Purtroppo è rimasto come un capitolo a parte di una saga che ufficialmente non è mai davvero cominciata. Nel 2008 è uscita una fantomatica versione remixata da Madlib di “Madvillainy 2”, ma la verità è che un seguito vero non è mai esistito e sembrava più una collezione di frattaglie. Shadows of Tomorrow pezzo della vita. Four Tet ne ha fatto una sua versione remixandolo dall’inizio alla fine.
Spacca pure quello.
EL P - Fantastic Damage
Quando arriva a pubblicare il primo vero album da solista, nel 2002, EL P ha poco più di 27 anni ed è già una specie di leggenda nel circuito dell’hip hop underground di Brooklyn. I Company Flow si sono sciolti da pochissimo, lui ha pure scazzato con gli altri della Rawkus, quindi seguendo un po’ l’esempio di Dr Dre decide di abbandonare la nave e fondare la sua etichetta (Definitive Jux) di cui vanno recuperati almeno il disco dei Cannibal OX e RJD2. “Fantastic Damage” arriva come una specie di oggetto misterioso e dichiarato tributo alla old school dei Public Enemy di cui recupera l’asprezza e la natura grezza (quasi “punk”) del sound ma non il flow o il messaggio politico. Pieno di ospiti, “Fantastic Damage” è un super viaggione dove convivono atmosfere cinematografiche, campioni prelevati da oscuri dischi di psichedelia, una valanga di synth e appunto un attitudine incazzata che lo caratterizza. Viene infilato suo malgrado - per via di alcuni testi - nel calderone dei dischi che raccontano la New York del post 11 settembre anche se EL P ha sempre dichiarato che i testi erano tutti chiusi ben prima della tragedia delle Torri Gemelle. Se ti piacciono i Run the Jewels, è da qui che vengono.
Deltron 3030 - Deltron 3030
I Deltron 3030 erano o forse sono ancora un supergruppo formato dal producer Cantankerous Captain Aptos, il dj Skiznod the Boy Wonder e Deltron Zero (il rapper).
Che poi non erano altro che Dan “The Automator” Nakamura, Kid Koala e Del the Funky Homosapiens tre tizi che oltre avere una fantasia smodata nella scelta dei nomi d’arte hanno anche uno spiccato e riconosciuto talento per l’hip hop più underground e alternativo. Per capirci: questo disco è stato pubblicato nel 2000, nello stesso periodo in cui i tre stavano lavorando al primo album di un nuovo progetto con la direzione artistica di Damon Albarn e del disegnatore Jamie Hawlett.
E infatti l’influenza di “Deltron 3030” sul primo album dei Gorillaz non è solo evidente, i due dischi possono proprio considerarsi quasi dei gemelli.
Ovviamente qui manca il piglio melodico di Damon Albarn che però è presente in veste di voce parlante nell’intro dell’album e poi ha collaborato alla realizzazione di alcune delle tracce presenti all’interno. Ma a legare il primo album dei Deltron ai Gorillaz c’è anche l’idea alla base e se da un lato abbiamo una band cartoon capitanata da uno zombie e che ha il suo universo, la sua “origin story”, le sua avventure e dei nemici, dall’altra abbiamo il racconto di un 3030 distopico in cui il mondo è governato dalle corporation e l’io narrante è vittima di conflitti interiori.
Il 2023, in pratica. Curiosità; nel 2009 il Danno dei Colle Der Fomento insieme a Stabber e Dj Craim ha dato vita al progetto “Artificial Kid” forse l’unico disco cyberpunk dell’hip hop italiano e figlio neanche troppo celato proprio di questo primo disco dei Deltron.
Dj Krush - Kakusei
Uno dei dischi più belli degli anni novanta, da parte di un pioniere dell’hip hop giapponese, anche se questa definizione sta abbastanza stretta a uno come Dj Krush.
Il mondo è sempre quello dei dischi strumentali fatti solo di campionamenti - e infatti Krush ha spesso fatto comunella con Dj Shadow - e che hanno nel downtempo il loro focus principale. Non a caso anche Dj Krush sia stato associato più volte al mondo del trip hop ma ne ha sempre ripudiato i confini. La sua è musica universale, libera, orientale nello spirito e in alcune soluzioni sonore, seppur plasmando una materia che nasce occidentale che più occidentale non si può. Un abile saccheggiatore di dischi jazz e digger sopraffino. Se ne parla sempre troppo poco, e invece è il più fico di tutti.
Prefuse 73 - Vocal Studies + Uprock Narratives
Guillermo Scott Herren arriva a pubblicare il primo album a nome Prefuse 73 nel 2001, per la Warp. E vi giuro che all’epoca l’idea che un disco del genere uscisse per una label del genere fu un piccolo shock culturale.
Tant’è che tutt’ora - e con un po’ di scorno da parte dell’autore - “Vocal Studies + Uprock Narratives” viene associato al mondo della cosiddetta intelligence dance music, mentre chi lo ha pensato, composto e registrato lo ritiene a tutti gli effetti un disco hip hop. Interamente creato utilizzando due giradischi fatti passare attraverso un’ AKAI MPC, “Vocal Studies…” è sia un atto d’amore nei confronti del rap che una piccola resa. Herren in quel preciso momento storico era piuttosto annoiato dal tipo di liriche che caratterizzavano l’hip hop dell’epoca e con sfregio del pericolo decide di realizzare un album tutto composto solo di sample presi da altri dischi rap, compresi svariati interventi vocali di gente tipo Nas, Busta Rhymes, Old Dirty Bastard e tanti altri. La particolarità sta nel fatto che le tracce di voce sono tutte scomposte e ricomposte in modo da dare alle parti rappate un significato diverso.
Ad arricchire il tutto ci sono i feat di Mf Doom, Aesop Rock e Sam Prekop dei The Sea and the Cake come tentativo esplicito di fare arrivare questa musica anche a chi abitualmente non ascoltava rap. Missione riuscita.
Antipop Consortium - Arrhytmhia
Un altro disco Warp e un altro disco che probabilmente ai tempi della sua uscita colpì di più gli ascoltatori lontani dal mondo rap che i fan duri e puri del genere.
Peccato perché “Arrhytmhia” è un disco hip hop al 100% ma che grazie a delle basi molto spiazzanti e fuori dai canoni è riuscito a colpire diverse tipologie di ascoltatori.
La cosa interessante degli Antipop Consortium è che si tratta di una vera band dove i componenti sono tutti sia rapper che produttori di loro stessi (particolare interessante: ai tempi della lavorazione di questo disco erano in quattro anche se sulla copertina del disco sono fotografati solo in tre). Anche loro associati spessissimo a gente come MF Doom , Aesop Rock e Dj Shadow, vennero anche scelti dai Radiohead come opening del tour di “Amnesiac”. Fun fact: nella canzone Ping Pong la ritmica del brano è ottenuta registrando e quantizzando una pallina da ping pong (ok, forse sono un po’ didascalici).
Edan - Beauty & the Beat
“The Beauty & the Beat” è il capolavoro di questo pischello di Baltimora cresciuto con l’ossessione dei Beatles e quella per il rap vecchia scuola.
E il bello è che ascoltando l’album queste due cose non risultano per niente strane o iperboliche. Anzi, è tutto chiarissimo, tutto in faccia. Alla luce del sole.
One man band di se stesso, nel senso che Edan è sia producer, che rapper che dj, per questo disco si è divertito a scavare nella sua collezione di album psichedelici degli anni ‘60 finendo per creare uno stile davvero unico e riconoscibile.
”The Beauty & the Beat” è uno dei capolavori assoluti dell’hip hop underground degli ultimi anni. Edan è credibile al microfono e un asso dal punto di vista musicale. Mi ripeto: qua dentro c’è tutto ed è tutto al posto giusto. Peccato che negli anni abbia sempre di più diradato le apparizioni perché davvero poteva diventare uno dei più grandi. E per certi versi lo è stato.
Bonus track: Handsome Boy Modeling School - White People
Metto questo disco come bonus perché la cricca è la stessa di Deltron 3030. In cabina di regia c’è sempre Dan Nakamura insieme a Prince Paul. In pratica gli Avengers dei producer.
Questo loro secondo album segue la scia del predecessore - beat incredibili e valanga di guest pescati dal mondo hip hop e indie - ma se possibile ne amplifica ancora di più il potenziale. Lo metto alla fine di questa lista proprio perché è un disco che raccoglie tanto di quello che è stato seminato nel tempo da artisti di cui abbiamo già parlato in precedenza e grazie agli ospiti giusti riesce a rendere mainstream un lavoro che è essenzialmente e smaccatamente underground. Per capirci, in questo album partecipano: i De la Soul, ma anche Mike Patton, Cat Power e Pharrell Williams, Lord Finesse e Alex Kapranos, Del the Funky Homosapiens e Barrington Levy, Julee Cruise e RZA, EL P e Chino Moreno dei Deftones. Un carrozzone come tanti? No, fidatevi.
Questo è un disco imperdibile.
Lettura interessantissima, domani lavoro mettendoli su tutti uno dopo l'altro
Grazie: a parte 3 o 4 casi tutta roba che non ho mai sentito e che quindi metto “in saccoccia” per i miei ascolti di fine estate.