Vasto, Siren festival 2018, qualche minuto dopo le due di notte.
I PiL hanno smesso di suonare già da qualche ora e sul main stage è appena terminato il dj set di Ivreatronic, l’atto conclusivo di quella giornata di festival.
Dovremmo andare tutti a dormire ma non ne abbiamo voglia: così insieme alla crew, i volontari e qualche altro musicista e i soliti imbucati, invadiamo tutti insieme il Cortile d’Avalos (un’altra delle location del Siren, forse la più suggestiva, dove a mezzanotte si è tenuto un bellissimo concerto acustico di Any Other e Marco Giudici).
Cosmo tira fuori la sua immancabile cassa JBL bluetooth e a turno cominciamo tutti a mettere musica di sottofondo mentre chiacchieriamo, fumiamo, beviamo e aspettiamo che la stanchezza prenda il sopravvento. John Lydon arriva proprio in quel momento: lui e sua moglie Nora stavano andando a dormire accompagnati dal fido personal manager Rambo Stevens (uno che, da solo, è un’altra grande storia da raccontare e non solo per il nome), ma avendo visto noi altri sdraiati sul prato chiedono a Romina lumi su quello che sta succedendo: “Possiamo andare anche noi? Vogliamo fare quello che fanno questi ragazzi italiani”.
E così arrivano: John, Nora e Rambo. Prendono due sedie di plastica e sono tra noi.
Come noi.
Sul palco Lydon era stato tutto quello che ti aspetti che John Lydon debba essere: scostante, sarcastico e con la tendenza smodata per lo scatarramento, al punto che si era fatto mettere in scena un gigantesco bidone del rusco in cui lanciare sputazzi letteralmente ogni trenta secondi. Fuori invece è un bizzarro signore coi capelli gialli a punta, a tratti simpatico, affabile e ansioso di raccontare, chiacchierare, condividere.
Per il lavoro che mi sono scelto, per la vita che faccio, non è del tutto strano ritrovarmi in situazioni simili. Vorrei tanto dire che ci sono abituato e per certi versi è anche vero.
Ma così no. Così mai.
L’abitudine a dissimulare l’emozione non ho dovuto neanche impararla col tempo, è venuta naturale. Quando succedono queste cose ti dimentichi dei dischi che hai ascoltato, dei concerti che hai visto e cerchi di essere il più naturale possibile.
Un tizio che parla con un altro tizio più grande e che ha avuto una vita bella piena di cose. Ma quello è Johnny Rotten, cazzo! E tu sei un ragazzino cresciuto in provincia che si scriveva Sex Pistols sullo zainetto e che se per caso parte un pezzo di “Nevermind the Bollocks” - uno a caso, non per forza una delle hit - ancora si deve trattenere dal cantarlo tutto a memoria. E poi lo shock che sono stati i PiL e lo scoprire che certa musica del passato poteva spiegarti il futuro più del presente, vuoi mettere?
Per questo io John Lydon cerco di cagarlo il meno possibile: parlo con Adele, con Pietro, con Pasca e Giulia, ascolto quello che dicono Rambo e John ma non intervengo quasi mai. Sto zitto, dissimulo. Io che non sto zitto mai.
Ma poi Lydon comincia a raccontarci i cazzi suoi, privati, e quelli di sua moglie, della malattia degenerativa che la affligge da anni e della paura, anzi del terrore, di non sopravviverle. “Tutto il mio impegno, adesso, sta nel non morire prima di lei. Perché ha solo me, le sono rimasto solo io e non so cosa potrebbe succederle se io schiatto”.
Oltre a dissimulare l’emozione, un’altra cosa che ho imparato a fare è dimenticarmi di essere stato un giornalista musicale, perché io so benissimo chi è Nora.
Conosco il suo nome da prima di questa sera. E anche il suo cognome: Forster.
So che si sono conosciuti nel 1975 e che si sono sposati nel ‘79 e che quando Johnny Rotten era la rockstar più rockstar del pianeta, e secondo le cronache dei tabloid viveva una vita dissolutissima, in realtà era innamorato e fidanzato di questa donna più grande di lui di 14 anni e che aveva avuto, giovanissima, una figlia nel 1962.
Si chiamava Arianne, ma tutti quelli che amano la musica la conoscono come Ari Up. La cantante delle Slits. Una delle ragazze che hanno inventato il punk e che lo ha fatto quando aveva solo 15 anni. John Lydon voleva sopravvivere a Nora per assisterla fino all’ultimo e accompagnarla nel suo viaggio. Nora purtroppo è sopravvissuta ad Ari Up che nel 2010 è stata spazzata via da un cancro. Secondo Lydon la malattia di sua moglie era cominciata col lutto. Una cosa che normalmente non avrebbe nessun senso scientifico, ma di cui in realtà anche io sono testimone a causa di faccende simili accadute anche alla mia famiglia.
E a quel punto sono andato a dormire, perché la cosa stava diventando spessa e la stanchezza aveva preso il sopravvento. Ma gli altri sono rimasti, chi per più tempo e chi per meno tempo, e hanno visto l’alba sorgere dal mare e illuminare John Lydon, Rambo Stevens e Nora Forster. Buonanotte. O forse anche buongiorno.
Qualche settimana dopo, quando l’estate stava ormai diventando una canzone dei Righeira che non è QUELLA CANZONE DEI RIGHEIRA ma quell’altra, sono passato da Milano per delle faccende di lavoro. E lì ho incontrato una delle persone che era stata presente in quella nottata e che, mentre aspettava che arrivasse il suo panino giusto, a un certo punto mi ha chiesto: “Ma tu c’eri all’after di Johnny?”
E allora ho pensato che le cose che ci accadono non sono uguali per tutti. Non tutti le viviamo e le assorbiamo allo stesso modo. E quella che a tutti gli effetti è una brutta notizia può anche darti una spinta utile ad affrontare la vita in modo diverso e migliore. Che quello che per qualcuno è stato “l’after di Johnny”, per te è stata la dimostrazione reale di cosa vuol dire amare qualcuno al punto di avere come unico scopo rimasto quello di non morire prima di lei. Nora è morta oggi. John è ancora vivo.
È andata come voleva.
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Ho un po' pianto. C'ero anche io quella sera, ma non in quel momento purtroppo.