Il gran ballo dei dischi del 2024 (Seconda e ultima parte)
Sono sempre tanti e c'è sempre l'ordine alfabetico.
Prima di cominciare con la seconda parte, volevo segnalare anche due compilation uscite nel 2024 e altrettante ristampe:
Virtual Dreams II - Ambient Explorations In The House & Techno Age, Japan 1993-1999 (Nessuno batte Music From Memory nell’arte di assemblare queste raccolte antologiche di musica provenienti da varie parti del mondo. Questa poi è proprio spaziale, meglio del volume uno).
Lost Paradise: Blissed Out Breakbeat Hardcore 1991-94 (Quello che promette, poi mantiene. Esattamente come T’appartengo di Ambra. Una raccolta di proto-jungle inglese con pochi classici e svariate chicche).
Aphex Twin - Selected Ambient Works Volume II
Poco da dire: inevitabilmente la ristampa dell’anno.
Il vinile ormai aveva raggiunto prezzi folli e questa versione espansa con tantissime tracce aggiuntive è davvero il meglio che Warp potesse fare. Versione folle col box in legno compresa.
Emahoy Tsege Mariam Gebru - Souvenirs
Album postumo, frutto di registrazioni casalinghe realizzate dalla pianista etiope tra il 1977 e il 1985. Una raccolta di canzoni politiche e che prendono spunto dai tumulti che stavano attraversando all’epoca proprio l’Etiopia visti e raccontati da una persona in esilio forzato. Bellissimo.
Gastr del Sol - We Have Dozen of Titles
Cofanetto in tre vinili (o due CD) per la creatura di David Grubs e Jim O’Rourke.
Si tratta di solo registrazioni inedite (in qualche caso anche di versioni live di brani già noti). Un documento del genere se siete appassionati della stagione del post rock (lo so, la definizione è riduttiva) degli anni novanta.
I DISCHI DEL 2024 DI COLAS SECONDA PARTE (se cliccate sui titoli vi ascoltate gli album)
QUI PRIMA PARTE
Mj Lenderman - Manning Fireworks
L’album che ha reso Mj Lenderman una star.
Di certo io sono fan di questo tipo di singer-songwriter all’americana e in Mj Lenderman ritrovo alcuni tratti di David C. Berman (l’ossessione per lo sport e quella per la geografia degli Stati Uniti, in primis) che mi rendono impossibile non amarlo.
A gusto personale, preferisco ancora l’angolarità di “Boat Songs”, ma qui ci sono dei pezzoni.
Moin - You Never End
Da una parte è il solito album dei Moin, dall’altra forse c’è un’apertura maggiore alla forma canzone ma senza rinunciare alle storture e alle asperità.
Il disco “post rock” del 2024. Inteso nel modo più vasto e largo possibile.
Mount Eerie - Night Palace
Il titolo che rivaleggia con Cindy Lee per il mio personale album preferito del 2024.
Se ti piace a hai confidenza con la scrittura di Phil Elverum non ti può non piacere, ma in senso assoluto questo è uno dei suoi lavori più completi e ricchi di bellissime canzoni. Ovviamente non mancano le deviazioni improvvise, i brani su cui altri baserebbero una carriera e che lui liquida in un minuto e mezzo, le aperture e i chitarroni che scoppiano. Insomma: tutto quello che ci piace fatto da uno che ci piace.
Mount Kimbie - The Sunset Violet
I Mount Kimbie hanno cambiato pelle e da duo che erano si sono trasformati in una vera e propria band includendo nella formazione anche i musicisti che li accompagnano dal vivo. Il risultato è un disco diverso dal loro solito ma che non si allontana da quelle atmosfere che li hanno resi riconoscibili.
Essenzialmente ci sono più chitarre e più canzoni, alcune delle mie preferite dell’anno (come i due pezzacci fatti insieme al solito King Krule).
Mu Tate - Wanting Less
Questo album testimonia il valore incommensurabile dato dall’andare in un negozio di dischi e avere una persona che ti dice: “Tu devi sentire questo, ti piace sicuro”.
Grazie Luca, ci hai preso. Mi è piaciuto.
Musicista lettone, se non ho capito male trasferitosi a Bratislava, dedito all’ambient, ai field recordings e alle basse che entrano piano e poi ti invadono il corpo.
Musica per meditare.
Nala Sinephro - Endlessness
Arpista di formazione, compositrice belga ma originaria della Martinica, Nala Sinephro ci aveva già incantati tre anni fa col suo “Space 1.8”, ma se è possibile ora è riuscita a fare ancora meglio. I territori sono sempre quelli dell’ambient sporcato da venature jazz, ma con un’ulteriore crescita dal punto di vista compositivo.
C’è meno arpa e più sintetizzatori modulari, collaboratori di assoluto prestigio come gli Ezra Collective, ma pure Sheila-Maurice Grey dei Kokoroko alla tromba e un’orchestra che arricchisce e rende tutto ancora più maturo e prezioso.
Anche in questo caso si tratta di una suite divisa in dieci movimenti.
Imperdibile.
Nick Cave - Wild God
L’ho messo per ripicca verso la quantità spropositata di cazzate che ho letto su questo disco. Che non è certo un capolavoro, ma neanche la merda di cui si parla.
L’ho messo anche e soprattutto per onestà, perché nonostante non sia tra i miei preferiti in assoluto l’ho comunque ascoltato tantissimo.
E poi ci sono le canzoni, alcune delle quali sono bellissime sia dal punto di vista testuale che musicale. Essenzialmente è un album di Nick Cave coi suoni dei Flaming Lips (è stato fatto con Dave Fridmann nel suo studio). Pane abbastanza caldo per i miei denti.
Not Waving/Romance - Wings of Desire
Quarto album realizzato in coppia dall’enigmatico Romance insieme al “nostro” Not Waving. Addirittura secondo lavoro del 2024, uscito a pochi mesi di distanza da “Infinite Light” di cui in qualche modo rappresenta il gemello. Ispirato dalla Nascita di Venere, il famoso quadro di Botticelli, “Wings of Desire” è una specie di saggio sulla bellezza e l’introspezione. Il sound design riconoscibile di Not Waving si fonde con i sample affogati nell’oblio tipici di Romance e il risultato è un viaggio unico e sospeso nello spazio e nel tempo.
Ondakeiki - Canti Vol I
Dub psichedelico e musica italiana (molto poco italiana, cit. Stanis), sembrava impossibile invece era l’uovo di colombo. Autoprodotto, uno dei dischi italiani migliori del 2024. Forse il mio preferito in assoluto.
Menzione d’onore anche per “Così dentro come fuori” di Porta d’oro che è il progetto solista di Giacomo Stefanini.
Pigbaby - I Don't Care if Anyone Listens to This Shit Once you Do
Ho scoperto Pigbaby verso la fine della pandemia, ascoltando NTS e sono rimasto subito rapito da questo tizio irlandese che si fa vedere solo mascherato da maiale e che fa una musica stranissima. Un po’ songwriter, un po’ ambient, un po’ noise.
Di sicuro roba super malata e storta. Quest’anno è uscito il suo primo album e io l’ho consumato (chi mi ascolta regolarmente su Radio Raheem lo sa e potrebbe avere sentito più di qualche traccia).
Procida Ritual Project - Misteri
Un ponte ideale tra passato e futuro, un tributo in salsa più o meno dub, tribale e percussiva all’isola di Procida, con tanto di utilizzo di field recordings che provano a restituire proprio gli umori e i sapori dell’isola.
Un lavoro importante dal punto di vista documentaristico e riuscitissimo da quello musicale. Tra le persone coinvolte c’è un pezzo degli Almamegretta e si sente.
Rafael Toral - Spectral Evolution
Pubblicato dall’etichetta di Jim O’Rourke - Moikai - il ritorno sulle scene di Rafel Toral è stato di sicuro uno dei più celebrati del 2024. Presente in quasi tutte le liste di fine anno che contano e pure in questa che invece non conta un cazzo.
Toral è un maestro nel creare stratificazioni sonore e “Spectral Evolution” è un vero e proprio capolavoro di sound design per intensità e ricchezza delle trame proposte.
Il mio grande rimpianto è avere perso il suo concerto quest’anno, ma il disco proprio non mi stanca mai.
Seefeel - Everything Squared/Squared Roots
Due EP gemelli a rompere un silenzio - almeno per quanto riguardava nuova musica - durato più di tredici anni. Realizzati nel corso di una session unica, e poi pubblicati a distanza di pochi mesi, ci restituiscono i Seefeel che conoscevamo, ma per nulla ancorati alla nostalgia. Ne avevamo bisogno.
Shellac - To All Trains
Per parafrase la famosa maglietta di un festival: “Shellac and other 51 Records”.
Il solito disco degli Shellac, e per forza di cose anche l’ultimo.
C’è perché ci doveva essere e ci sarebbe stato comunque.
Perché è giusto così. Ed è pure una bomba. Mancheranno. Nell’anno in cui i vecchi si sono ripresi l’indie/alternative rock è giusto che lo scettro sia loro.
Still House Plants - If I Don’t Make It, I Love You
Una volta l’avremmo chiamato free-rock, ora non so. Ma è proprio da lì che il terzetto londinese prende le misure per dare vita a una formula abbastanza codificata dove però s’innesta una voce che rompe gli schemi e spiazza. Il modo di cantare di Jessica Hickie-Kallenbach è un po’ il dentro-fuori di questo disco: potrebbe irritarvi, oppure colpirvi in senso positivo. Non ci sono mezze misure. A me è piaciuto.
The Cure - Songs of A Lost World
Un bel disco dei Cure, di quelli in cui non ci sono le hit ma tanti pezzi che ti fanno viaggiare. A livello di mood sta in un posto a metà strada tra “Disintegration” e “Wish", ma si sente l’avanzare dell’età e le asprezze della vita che lasciano i segni.
E poi c’è la voce di Robert Smith talmente perfetta da sembrare quasi irreale.
Mancavano, e sono tornati.
The Hard Quartet - The Hard Quartet
Supergruppo formato da Emmett Kelly della Cairo Gang, Matt Sweeney, Jim White e Steven Malkmus che, nonostante l’idea stessa di un supergruppo sia abbastanza aberrante, supera le aspettative e pubblica un disco che era abbastanza scritto mi piacesse, e infatti mi è piaciuto un sacco. A parte la cazzate, la cosa divertente di The Hard Quartet è che sono quattro songwriter che si scambiano i pezzi. Tutti compongono, tutti cantano (tranne Jim White) e tutti si prendono il loro spazio.
Poi c’è Malkmus che se ne prende un po’ di più, e va bene così.
I Traveling Wilburys dell’indie rock americano. Non tanto per i nomi coinvolti ma proprio per il tipo di disco.
Grandaddy - Blu Wav
All’inizio del 2024 è uscito un album dei Grandaddy, anche se non se ne è accorto quasi nessuno. Ed è un peccato perché è un disco bello e tristissimo, ma la scelta abbastanza ovvia di non portarlo in tour, a causa della scomparsa di un membro della band e la volontà di non sostituirlo, ha fatto sì che passasse veloce come un getto d’acqua d’estate. Ripeto, è un peccato. Recuperatelo.
The Necks - Bleed
Come raccontano spesso, i Necks non fanno mai prove: si vedono solo per suonare dal vivo o registrare dei dischi che non sono altro la fotografia di quello che fanno quando suonano dal vivo. Ovvero: trovarsi tutti nello stesso posto e improvvisare su un canovaccio che non è jazz, non è ambient, non è minimalismo e non è avanguardia (come c’è scritto nella loro bio), ma tutte queste cose insieme. Si confermano una certezza assoluto e lo fanno con un album più rarefatto del solito: una sola traccia lunga 42 minuti dove succedono un sacco di cose.
The Smile - Cutouts
Due album in un anno sono stati abbastanza una sorpresa, soprattutto perché tutto lascia pensare che il pezzo grosso fosse “Wall of Eyes” e questo “Cutouts”, invece, più una sorta di riempitivo realizzato molto velocemente una volta che la band ha dovuto interrompere il tour per ragioni di salute. La verità è che si tratta di due dischi speculari e opposti e se il primo è più orientato alla forma canzone, qui viene fuori proprio quel tratto da jam band che aveva reso le prime cose degli Smile irresistibili.
Total Blue - Total Blue
Trio di Los Angeles che esce per Music from Memory e che si muove su territori ambient jazz/elettronici dai tratti un po’ new age e che ogni tanto rischia di scivolare verso ambiti più riccardoni/fusionettari che dovrebbero farmi accapponare la pelle e che invece, incredibilmente, mi hanno attratto come un formaggio attira il sorcio. Sarà che sto invecchiando, sarà che la copertina è bella e anche l’occhio vuole la sua parte, sarà che è figo e basta anche se un po’ lontano dalle cose che mi piacciono di solito. Fatto sta che l’ho ascoltato un botto.
Tyler, The Creator - Chromakopia
Tyler ormai fa tutto da solo e vedere un disco rap dove i brani hanno quasi tutti un solo autore ormai è una cosa più unica che rara. Essenzialmente se ne sbatte il cazzo e fa quello che vuole e come vuole. Il risultato è un concept che parla di successo e paranoia come tantissimi altri, ma che lo fa in un modo completamente libero e orgogliosamente “matto”. Anno d’oro per l’hip hop di Los Angeles, pochi cazzi.
Holy Tongue meets Shackleton - The Tumbling Psychic Joy of Now
Ma quanti dischi belli in cui è coinvolta Valentina Magaletti sono usciti quest’anno?
Guardate che se ci si mette a fare la conta il risultato è impressionante, dico solo i primi che mi vengono in mente: Nidia & Valentina, V/Z, l’album dei Moin e questa collaborazione che, in pieno spirito On-U- Sound, mette gli Holy Tongue in combutta con Shackleton per uno degli album più affascinanti del 2024. Puro dub elettronico/psichedelico tribale e per niente algido. Musica da rituale sciamanico che fa anche muovere il culo.
Vampire Weekend - Only God Was Above Us
I Vampire Weekend fanno pace con loro stessi, si trasferiscono a Los Angeles ed escono con un concept album sulla loro città di provenienza: New York.
Tutto abbastanza tipico, anche il fatto che un album del genere sia passato abbastanza inosservato ed è un peccato: perché contiene delle bellissime canzoni, e perché Ezra Koening sa davvero maneggiare il pop con una classe innata ed è decisamente uno dei migliori autori di testi della sua generazione. Ad avercene.
Water Damage - In E
Supergruppo di base a Austin Texas con gente di Swans, Black Eyes, Spray Pants etc etc, che fa della ripetizione e del minimalismo eseguito con piglio da rock band la sua cifra stilistica.
Con "In E”, lo svela già il titolo, prendono spunto dall’ovvio “In C” di Terry Riley, ma lo fanno ad altissimo volume. Quattro tracce di venti minuti l’una che partono e finiscono con droni e si sviluppano su una sola nota come nella tipica tradizione del kraut rock.
Su disco sono una bomba, dal vivo anche meglio (e infatti vi consiglio questo Bandcamp dove regolarmente pubblicano registrazioni dal vivo che quasi hanno più valore dei dischi).
Xiu Xiu - 13" Frank Beltrame Italian Stiletto with Bison Horn Grips
Che mi piacesse così tanto, nel 2024, un nuovo lavoro degli Xiu Xiu non era affatto previsto. Manco Lontanamente. Eppure è andata così. Jamie Stewart e compari si sono trasferiti da Los Angeles a Berlino e hanno compiuto l’ennesima virata inaspettata della carriera. L’album rock che non ti aspetti, dove per rock s’intende tutto e il suo contrario. Tra Throbbing Gristle, Einsturzende Neubaten, il synth pop anni ‘80, l’avant-gard, è veramente impossibile dare una definizione di quello che fanno ora gli Xiu Xiu e questo è davvero il bello della faccenda. Quella di un’ispirazione davvero ritrovata, insieme alla voglia di fare cose più fruibili ma non per questo meno coraggiose.
Ci leggiamo nel 2025, ciao!
Che meraviglia Emiliano. Ci sono dei dischi stupendi che non conoscevo affatto. Thanks ❤️
Xiu Xiu, Mount Eerie e il secondo degli Smile sono piaciuti parecchio anche a me. Ora che mi ci fai pensare quello degli Xiu Xiu sarebbe da prendere in vinile 😬