Forse l’ho anche già scritto, non sono troppo un nuovo amante del nuovo jazz inglese, mentre sono decisamente appassionato di sonorità più sperimentali e che forse solo vagamente possono rientrare nella categoria (per me ci stanno di brutto)
Mi rendo conto che i generi vogliono dire tutto e niente, ma ormai mi sono infilato in questo casino e quindi continuiamo così.
Fuck puristi, Viva la musica!
André 3000 - New Blue Sun
Sì, esatto, proprio lui: the man, the legend, the ciufolo.
Un disco di cui si è parlato tantissimo, per ovvie ragioni, e che ha diviso abbastanza il pubblico tra chi lo ha trovato un gioco da ricchi annoiati e chi invece ne ha apprezzato il coraggio. “New Blue Sun” è un disco pieno di difetti, ma pure animato di una sincerissima naïveté che finisce per fare il giro e renderlo ancora più interessante.
Un album di ambient jazz che segue un solco preciso - tra Alice Coltrane e Laraaji, per dirla in maniera molto larga - che è anche quello di molti musicisti della scena di Los Angeles (Carlos Niño, Nate Mercereau e altri) con cui André aveva cominciato a collaborare da tempi non sospetti (e infatti è presente come ospite, passato molto in sordina, di diversi dischi di quella cricca). Di certo è troppo lungo, ma nonostante questo non privo di auto-ironia, seppure infarcito di qualche mischiata new age (ma se lui ci crede, chi cazzo sono io per dire che è una minchiata?).
La prima volta che l’ho ascoltato mi sono addormentato e vi giuro che non è per niente un fattore negativo. Anzi. Se siete appassionati di certi generi vi risulterà ben fatto, per niente farlocco e carico di presobenismo.
Ogni tanto ci vuole.
Jaimie Branch - Fly or Die Fly or Die Fly or Die ((world war))
Qui è dove vi dico che se avessi deciso di fare una classifica, con le posizioni in ordine e tutto il cucuzzaro, questo album di Jaimie Branch sarebbe stato sicuramente sul podio. Di certo è nell’olimpo delle cose di musica che ho più ascoltato nel corso dell’ultimo anno e mi rimanda dritto a un periodo in cui ne ero completamente ossessionato. Uscito postumo a praticamente un anno esatto dalla scomparsa della povera Jaimie, rappresenta davvero l’ultima cosa a cui stava lavorando prima di lasciare questo infausto mondo: una suite che aveva composto nel corso del 2022 e che in qualche modo ha tutti i crismi del testamento artistico. Talmente è piena di cose, idee, cambi di direzione, melodia, groove. Qua dentro c’è davvero tutto.
Se ne è andata via a soli 39 anni ed è un peccato vero.
Ma un suo segno nel mondo lo ha lasciato e anche grande.
The Gaslamp Killer & The Heliocentrics - Legna
La storia di The Gaslamp Killer è intrecciata a quella degli Heliocentrics da un bel pezzo. Fu a lui, in qualità di dj di base a Los Angeles, che la Stones Throw affidò il ruolo di compilare un mixtape con cui, nel 2009, venne lanciato ufficialmente il primo album del progetto Heliocentrics, e furono sempre loro ad accompagnare Gaslamp come backing band durante un tour di un suo album
Insomma, questa cosa doveva succedere, era scritto, e finalmente è accaduta: un intero album realizzato insieme e che fonde in maniera davvero riuscita gli stili di entrambi i progetti. C’è il jazz, sicuramente, ma anche l’amore per certa library music, la psichedelia, l’universo delle colonne sonore e tante altre cose.
Un bel trip.
Lonnie Holley - Oh Me Oh My
Ok, un altro disco che forse per qualcuno non dovrebbe stare qui - ma per me chiaramente sì - e un altro di quelli che forse si contendono il titolo di miglior album del 2023 in assoluto. Da quando Lonnie Holley è tornato agli onori delle cronache, non ha sbagliato un colpo e alla veneranda età di 73 anni continua a fare uscire musica meravigliosa e che si sposa bene col suo stile da quasi predicatore. Un vero artista multidisciplinare - nella vita ha fatto tutto: anche dei film da regista - che crede nell’urgenza del processo creativo e nel valore unico dell’improvvisazione.
Per questo “Oh Me Oh My” ha dalla sua il riuscire a fotografare il momento storico in un modo molto onesto e puro. Poi, OK, è pieno di super ospiti super star: Michael Stipe, Moor Mother (nel 2023 se un disco è bello, facile che dentro ci sia Moor Mother), Bon Iver, Sharon Van Etten e Jeff Parker, ma la scena è davvero dominata da lui e dalla sua voce incredibile che ha quella capacità più unica che rara di riuscire a connettere corpo e spirito (tipo Pharoah Sanders, per capirci).
Irreversible Entanglements - Protect your Light
Com’è quella storia che un disco del 2023 per essere bello deve contenere Moor Mother? Eccoci qua, direttamente con il nuovo album di uno dei tanti progetti in cui è direttamente coinvolta.
Gli Irreversible Entanglements sono la cosa jazz più fica e potente che vi possa capitare di vedere su un palco oggi. Per citare Luca Collepiccolo, come ho già fatto proprio durante la puntata di PVC dedicata ai dischi dell’anno, è come ascoltare i Raga Against The Machine che fanno jazz invece di rock.
”Protect Your Light” è il loro primo disco a essere pubblicato dalla leggendaria Impulse, che per gli amanti del genere è come beccarsi una laurea specialistica in medicina col massimo dei voti. Fa bene all’anima.
Damon Locks & Rob Mazurek - New Future City Radio
L’ennesimo disco che ribadisce il ruolo di International Anthem come etichetta più fica degli ultimi dieci anni. E anche l’ennesimo disco bomba di Damon Locks che qui, per la prima volta in duo con Rob Mazurek (il produttore di tutti i suoi album) si diverte a immaginare la programmazione di una radio che diffonde musica dal post post futuro. Anche qui si parla di jazz del 2023 con l’improvvisazione che la fa da padrona e l’intreccio forsennato tra beat elettronici, fiati e spoken word a scandire un percorso dove di determinato ci sono solo i temi. Non mancano un sacco di ospiti, tra cui Helado Negro di cui sono un fanboy totale.
Aja Monet - When The Poems Do What They Do
Un altro disco di cui si è parlato nella puntata best 2023 di PVC e un altro disco dove anche se non c’è Moor Mother è come se ci fosse, perché il campo da gioco è esattamente quello è. Aja Monet è una poetessa di New York emersa dal circuito della slam poetry e che da un po’ di tempo era attesa al varco del primo album.
Accompagnata da un ensemble che comprende tromba, batteria, percussioni, basso e flauto, “When The Poems Do What they Do” mette al centro la parola e la voce di Aja Monet che genera rapidamente assuefazione. Lo so che magari così potrà sembrarvi un disco noioso, ma non lo è per niente. Soul come certe cose di Gil Scott-Heron. Bellissimo.
Natural Information Society - Since Time is Gravity
Joshua Abrams è una vera leggenda del genere. Contrabbassista e compositore, ha suonato davvero con chiunque (tra le varie cose ha pure fondato i Roots) e fatto praticamente qualunque cose. Questo progetto l’ho scoperto nel modo migliore: passando per caso al loro concerto durante l’ultimo Le Guess Who? e ho poi continuato ad ascoltarlo nel corso di tutto l’ultimo mese. Tra tanti dischi non proprio jazz presenti in questa lista, questo forse è quello più tradizionalista.
Un viaggio ricco di suoni e suggestioni, molto ricco e davvero ben scritto (ad accompagnare Abrams c’è un collettivo di dodici musicisti di cui fa parte anche Ben Lamar Gay). Insomma: se impazzite per Davis e Coltrane qui c’è di brutto roba per voi. Davis e Coltrane eh, tipo Pelè e Maradona. Livello gigante.
The Necks - Travel
I Necks sono un’esperienza da fare soprattutto dal vivo.
A me è capitato di vederli per la prima volta qualche anno fa e restare completamente ammaliato dalla loro musica. Il trio che più di ogni altro sta cambiando il concetto stesso di trio jazz vive solo di musica improvvisata. Non c’è niente di scritto qui, anzi: “Travel” nasce da un periodo che la band ha trascorso suonando almeno venti minuti al giorno nella sua sala studio. Un album che praticamente presenta pochissimi cut e sovra incisioni e che fotografa letteralmente tre musicisti colti nell’atto della creazione. Piacevolissimo da ascoltare mentre si fa altro. E anche qui può sembrare un commento negativo ma vi giuro che non lo è.
Matana Roberts - Coin Coin Chapter Five: in the garden
Mannaggia la Matana!
Scusate, dovevo dirlo. Anzi forse non dovrei aggiungere altro.
Ascoltatelo, è fico. A tratti ostico, ma ne vale la pena.