Dieci dischi più o meno di musica elettronica del 2023
In realtà sono 11 perché uno è un album di remix di un disco del 2022
Scusate il ritardo, diceva quello.
O meglio: la vita è quella cosa che succede quando hai deciso di fare delle liste separate per generi, e arrivi a un certo punto che ti sei amabilmente rotto il cazzo e nel frattempo è pure iniziato il 2024.
Ergo: qui trovate i dieci dischi che più mi sono piaciuti in ambito “elettronico”, definizione che vuol dire poco e niente visto che dentro può rientrarci di tutto.
È la penultima lista che pubblico, la prossima sarà quella dedicata ai dischi “più o meno pop rock”, e poi finalmente tornerò a essere LIBERO (cioè schiavo solo del mio lavoro e delle mille altre cose di cui sono schiavo).
OK, cominciamo!
African Head Charge - A Trip to Bolgatanga
A più quarant’anni di distanza dal primo album e a dodici dall’ultimo, il ritorno di uno dei progetti che ha scritto la storia del “più-o-meno-dub-più-o-meno-afro-più-o-meno-elettronico” inglese è stato senza dubbio una delle sorprese più riuscite di un anno infausto per un sacco di altre ragioni. “A Trip to Bolgatanga” è esattamente quello che il titolo dichiara: un trip e un viaggio immaginario verso il Ghana (nel senso che c’è davvero molta Africa nel sound). Due fuoriclasse assoluti e un’alchimia davvero perfetta.
Deena Abdelwhaed - Jbal Rrsas جبل الرصاص
Tunisina ma da un po’ di tempo residente a Parigi, Deena Abdelhwaed molla per un attimo la sua carriera da dj affermata e arriva a tagliare il traguardo del secondo album ufficiale. Un vero e proprio percorso sonoro e immaginario nella club music di matrice araba e che pesca a piene mani dal mediterraneo. Deena Abdelwhaed è abilissima a far convivere sonorità techno futuriste e HD con la sperimentazione e suggestioni che pescano a piene mani dalla tradizione. Un disco post tutto e che per questo guarda in avanti.
Ben Bondy - Spirits Desire
Una delle mie fisse musicali del 2023: Ben Bondy è un dj e produttore di Brooklyn che pubblica release con la stessa frequenza con cui io faccio colazione la mattina e che si muove in un ambito dove prova a far convivere la musica ambient, il gusto per il sampling e ogni tanto pure qualche escursione nella forma canzone.
La sua musica è profondamente psichedelica, una sorta di liquido amniotico da cui ogni tanto vengono fuori degli elementi che ti rimandano ad altre sonorità (i sample vocali, la ritmica jungle…). Dopato!
Laurel Halo - Atlas
Atlas è un disco pazzesco e che conferma la figura di Laurel Halo come una delle musiciste più influenti dell’ultimo decennio. Ambient, jazz, colonne sonore, library music, Atlas contiene tutto questo e non solo. Un lavoro ricco ed emozionante, capace di cullarti in una dimensione altra e allontanarti per più di una mezz’ora dallo spazio e dal tempo. Da ascoltare tutto d’un fiato.
Headache - The Head Hurts But the Heart Knows the Truth
Un disco misterioso e di cui si sanno poche cose e che probabilmente non sono vere.
In teoria Headache è il progetto del produttore inglese Vegyn (uno che ha lavorato con un sacco di superstar tipo Frank Ocean e Travis Scott) e dello scrittore/poeta Francis Hornsby Clark. Quello che si sa, quindi, è che Vegyn si è occupato delle musiche, mentre Hornsby Clark ha scritto dei veri e propri racconti che poi sono stati fatti "interpretare” da una voce generata con l’AI.
Fin qui tutto bene, o quasi: perché Francis Hornsby Clark di base non esiste, non ci sono tracce del suo lavoro, a parte i testi di questo disco, e nessuno l’ha mai visto.
Il dubbio, atroce, è che quindi sia stato tutto fatto con l’AI, ma c’è pure chi dice che si tratterebbe dello stesso Vegyn e che la voce sia in realtà quella di un attore famoso (Ben Whishaw). Vabbè, ‘sti cazzi: quello che conta è che The Head Hurts Cut the Heart Knows the Truth funziona, e funziona bene. Un tappeto musicale figlio del trip hop più cinematico su cui si innestano queste storie disperate di hangover selvaggi, e serate che finiscono all’alba o in ospedale.
James Holden - Imagine This Is A High Dimensional Space Of All Possibilities
Dopo un paio di escursioni in ambito quasi spiritual jazz, il nostro fricchettone preferito torna metaforicamente a casa con un disco che sa di spirito adolescenziale.
Selvaggio, libero, post rave e orgogliosamente sballone, Imagine This Is a High Dimensional Space of All Possibilities suona un po’ come il sunto di tutte le esperienze musicali passate da James Holden e al tempo stesso anche il punto più alto di una carriera ormai quasi ventennale. Anni ‘90 non tanto per il sound ma proprio per l’attitudine libera con cui riesce a far convivere tracce che guardano un po’ ovunque e si muovono come una pallina che rimbalza impazzita in una stanza chiusa.
Capolavoro? Eh, mi sa di sì.
Nihiloxica - Source of Denial
Nuovo album per il collettivo ugandese, ma abbastanza di casa a Londra, che mischia techno marcissima con percussioni tribali e un attitudine al ritmo che non ha eguali.
Source of Denial è un disco scuro, cattivo, una specie di concept contro le disumane leggi inglesi sull’immigrazione che suona come la paranoia ma che ti fa muovere il culo come poche altre cose uscite nel 2023. Tutti gli spoken sono stati generati dal computer che, insomma, pare essere uno dei “fatti” dello scorso anno.
Sparatevelo a volume alto!
Oneohtrix Point Never - Again
Non il disco più bello di Lopatin, ma di certo quello che più di ogni altro marca (e forse chiude) una fase bella lunga e ricca della sua carriera. Una specie di greatest hits degli ultimi dieci anni di Oneohtrix Point Never composto solo da inediti in cui prova a far rientrare tutte le influenze che hanno attraversato il suo suono: l’ossessione per il passato che diventa futuro, la nostalgia data del sound del Juno e l’alta definizione.
Ci sono momenti bellissimi e che lasciano senza fiato, come quando arriva l’orchestra a squarciare il velo e a prendersi la scena, Again è un disco che è pop nell’animo perché vuole essere fruibile da più persone possibili, ma che al tempo stesso si prende dei rischi e non sceglie quasi mai la via facile. Emotivo.
Romance - Fade into you
Il disco “ambient” di quest’anno, e che condivide più di qualcosa con il lavoro di Lopatin: l’album dell’artista misterioso/a che si fa chiamare Romance.
Un salto nello spazio della nostalgia e del romanticismo più sfrenato, una specie di disco pop che flaoting in the space e che grazie all’uso davvero sapiente dei campionamenti sembra dare vita a una musica antica cascata per sbaglio sull’oggi (un po’ come certe cose di The Caretaker, ma pure di Ben Bondy). Stupefacente.
Slauson Malone 1 - Excelsior
Excelsior in realtà sfugge ogni categoria possibile: è un disco pop, ma pure rap, ma pure sperimentale, ma pure stonatissimo e anche suonatissimo, ma pure parecchio elettronico. Il segno tangibile che dividere in generi la musica del 2023 è una bella cazzata. E infatti è una bella cazzata. E anche questo contiene robe fatte con l’AI (di cui si può discutere quanto si vuole, ma è chiaro che esiste un’applicazione creativa e interessante del concetto e che può e deve essere esplorata in lungo e in largo).
Sonic Boom Panda Bear Adrian Sherwood - Reset in dub
Questo in realtà è un po’ un extra, perché si tratta di un disco del 2022 che a me era piaciuto tantissimo del 2022 e di cui i due autori - fedeli al motto che del maiale non si butta via niente - hanno pubblicato due nuove versioni nel 2023. Una tutta di remix delle strumentali e un’altra, questa, dell’intero album rivisitato in chiave due insieme a Adrian Sherwood. Se ne sta parlando tantissimo, un po’ perché per via di African Head Charge questo è stato un po’ l’anno in cui Adrian Sherwood si è ripreso tutto il tanto che è suo, un po’ perché è oggettivamente fighissimo e fa davvero acquisire una dimensione inedita al Reset originale. E poi che bello era quel mondo in cui si facevano le versioni dub dei dischi belli?
Finalmente una newsletter con agevoli links audio, diretta, stringata e azzeccata. Needless to say: ottimi gusti. Grazie Emiliano